Cattura Matteo Messina Denaro, scoppia il caso intercettazioni: giuste o sbagliate?
È stato catturato a Palermo, nei pressi di una clinica privata, il super boss e capo dei capi di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Il boss latitante ormai da trent’anni si nascondeva tra Castelvetrano e Mazara del Vallo, era in cura presso la clinica oncologia “La Maddalena” di Palermo.
Matteo Messina Denaro al momento della cattura non ha esitato a dire il suo vero nome, ripetuto due volte al carabiniere che ne ha dichiarato l’arresto. L’ultimo padrino, originario di Castelvetrano, veniva descritto più come un imprenditore che un capomafia. Alle sue spalle una storia articolatissima e tantissimi segreti. Il boss di Cosa Nostra conduceva una vita all’insegna del lusso e del divertimento nonostante la latitanza.
Nelle indagini, prolungatesi fino al 2023, hanno giocato un ruolo chiave le intercettazioni. Senza di quest’ultime sarebbe stato impossibile rintracciare gli spostamenti del boss. Matteo Messina Denaro fu avvistato più volte all’estero, tra le mete più frequentate dal boss vi era il Sud America, venne rintracciato più volte in Panama e Venezuela. A seminare critiche e scalpore sono state le modalità in cui sono state svolte le intercettazioni:
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva rilasciato delle dichiarazioni in merito che, ancora adesso, fanno discutere:
"Andremo avanti sino in fondo, non vacilleremo e non esiteremo. La rivoluzione copernicana sull'abuso delle intercettazioni è un punto fermo del nostro programma".
Il ministro della giustizia, in seguito ai commenti giunti subito dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, ha replicato: “Le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per il terrorismo e la mafia. Ciò che deve essere cambiato radicalmente è l'abuso che se ne fa per i reati minori con conseguente diffusione sulla stampa di segreti individuali e intimi che non hanno niente a che fare con le indagini".
Nonostante l'imminente chiarimento, il tema sulle intercettazioni continua a dividere l'opinione pubblica. Da una parte c’è chi ne vuole un utilizzo ampio e completo, dall'altra invece chi vuole limitarne l'utilizzo. È bene chiarire che le intercettazioni sono uno strumento di indagine necessario e indispensabile per la lotta alla mafia e al terrorismo, motivo per cui non deve esserne limitato l'utilizzo, almeno in questi casi. Senza questo strumento, ad esempio, è impossibile condurre indagini in materia di corruzione. Ciò che invece deve essere evitato riguarda l'abuso tecnologico volto a violare la libertà e la privacy del singolo cittadino.
L'uso inappropriato di questo strumento, con la scusa di prevenire i reati, non deve intimorire un libero cittadino nel momento in cui confida situazioni personali con una persona di fiducia telefonicamente. In questa contorta situazione, caratterizzata da una frattura dell'opinione pubblica, è bene che ci sia un dialogo tra politica e magistratura. Lo scontro è controproducente per l'interesse della Nazione, al contrario il dialogo deve portare le due parti a una soluzione del problema. In queste circostanze bisognerebbe essere uniti e compatti: la criminalità organizzata è un fenomeno che si può combattere solo se c’è unità e compattezza.
Gianni Perlangeli, Lorenzo Sergio